Engagement on line, serve o no?
Il potere del marketing è gigantesco. Quello della pubblicità altrettanto: una buona campagna può decretare il successo o la fine di un prodotto. Così è stato per decenni: cosa sta cambiando, oggi, nell’era dell’engagement?
Ci sono campagne pubblicitarie che hanno contribuito a costruire la storia dell’advertising. Tipicamente, queste campagne sono associate a brand dall’altissima reputazione internazionale; sono capaci di resistere nel tempo e non necessitano di essere modificate. Si pensi a Nike o Coca-Cola: tutti abbiamo in mente i loro slogan e i loro refrain musicali.
Il processo creativo che conduce alla creazione di una campagna parte – di solito – dallo studio dell’azienda e del suo prodotto: una volta individuata, l’idea vincente viene “spalmata” sui diversi mezzi di comunicazione.
Questo iter, che è stato seguito sino a pochi anni fa, oggi, viene messo in discussione: come aveva infatti preconizzato Marshall McLuhan, davvero il “mezzo sta diventando il messaggio”.
In pratica: tutti i nuovi media che si sono introdotti nella vita delle persone richiedono messaggi personalizzati, dunque minicampagne, da declinarsi anche di giorno in giorno, di target in target.
Come sempre accade quando una prassi consolidata segna il passo, agli elementi di novità si associano quelli del dubbio: davvero questo nuovo modus operandi è corretto? Davvero il consumatore richiede solo di essere “ingaggiato”, sul tram, sul cellulare, in metropolitana, seduto sul divano? C’è un limite a questa proliferazione di messaggi che si creano ovunque? suggerisco che sarebbe il caso di pensare sempre a una “storia” importante che sostenga il marchio o il prodotto. Presto scopriremo se hanno ragione i creativi “prima dei social” o i nuovi creativi digitali…
Testo liberamente tratto da “SelfBrand. Fate di voi stessi un autentico Brand”, Donatella Rampado, FrancoAngeli,