POESIA, IL PROCESSO CREATIVO ED ESPRESSIVO di Rodolfo Vettorello
Per rompere il ghiaccio e non parlare genericamente di Poesia vorrei dare una mia spiegazione sul processo creativo e sui sui meccanismi mentali. Una specie di confessione dei miei modi espressivi sperando di suscitare la curiosità di qualcuno per arrivare , se possibile, al confronto con differenti modalità letterarie.
Trascrivo una breve poesia e racconto di seguito da dove questo testo è venuto.
Siamo sul lungomare tra Port Frejus e Saint Raphael in Provenza. Qualche anno orsono.
LA GALETIERE NORMANDE
La galetière normande
mi guarda e mi trapassa
con gli occhi di mistero.
Ma a quali finestre di cielo
mi sto affacciando,
quale segreto di Dio
potrò mai toccare
se saprò sopportare
il suo sguardo?
Il lungomare è tranquillo
e il mare disteso.
Così in apparenza la vita,
poi piano si impara a capire.
Inquietante
con gli occhi di gelo
la galetière mi sorveglia
e tormenta
ed incanta.
Non sono più nulla.
La vita che, sento mi vive,
è soltanto
il sogno già troppo sognato
che la galetière
sta sognando.
A PROPOSITO DELLA GALETIERE NORMANDE
E’ il titolo del testo poetico che ho pubblicato e che mi fornisce il pretesto per un approfondimento che mi interessa e sul quale spero di riuscire a coinvolgere qualcuno.
Vorrei indagare sul processo creativo di una poesia e cercare di spiegare e spiegarmi i modi con i quali un certo pensiero che ha voglia di essere espresso possa tradursi in una semplice pagina di diario, in un racconto o come possa trasformarsi in prosa poetica o in lirica.
Voglio chiarire a me stesso, svelarmi e svelare i miei processi mentali e verificare con il contributo di qualche amico se tale mio procedimento è condivisibile, se corrisponde ai modi di altri, se sia in realtà un processo logico comune a tutti quelli che scrivono, infine capire se possono esistere altri modi di arrivare a risultati analoghi.
Indagare sul metodo creativo della poesia può essere considerato un’impresa impossibile e forse lo è; un po’ come indagare sulle motivazione della fede.
Torniamo ora all’argomento Galetière. Il tema è dichiaratamente un pretesto, ma un pretesto opportuno.
Per fare un minimo di chiarezza sulla scarsa leggibilità della breve poesia, dirò alcune cose chiarificatrici. E le dirò facendo una specie di narrazione o di pagina di diario.
Da anni, passeggiando sul lungomare tra Port Frejus e Saint Raphael, in Provenza, passo davanti a una creperie-gelateria. Qui i gelati si vendono anche in pieno inverno, basta che un raggio di sole inviti ad uscire.
La creperie si chiama la Galetière Normande e l’invito a fermarsi è affidato a un’effigie di donna, in cartone e in grandezza naturale che viene portata ogni giorno sulla soglia a reggere la locandina con l’elenco dei prezzi.
La donna rappresentata è molto graziosa, nel tipico costume regionale, con una lunga gonna nera ricamata. In piu’ una camicetta con un esuberante jabot e un copricapo altissimo e importante.
Mi sono innamorato di questa figura di donna dal primo istante. Non ero ancora arrivato all’altezza del negozio che già di lontano gli occhi della giovane galetière mi avevano ammaliato.
Non so trovare una spiegazione razionale perchè la ragazza era certo bella ma non si trattava della solita pin-up tutta tette e culo che avrebbe richiamato chiunque. Il fascino della fanciulla era cosi’ discreto da passare inosservato ai piu’, anzi, a tutti quelli che hanno passeggiato con me.
Ma non a me. Sicuramente per via degli occhi. Occhi indescrivibili, forse un po’ come quelli di certi ritratti dei secoli scorsi, occhi che sembrano seguirti dovunque tu vada. Anche gli occhi della galetière sembravano cercarti, perchè il personaggio guardava dritto avanti a sé e forse non seguiva tanto me come qualcuno di immaginario che mi stesse alle spalle. Uno sguardo inquietante e carico di un mistero indescrivibile.
L’immagine era quella di una banale pubblicita’ perciò non starò ad attribuirle un’importanza maggiore di quella che già le ha dato.
Tutto quello che vedevo nella figura era chiaramente frutto della mia immaginazione e della mia voglia di caricare l’oggetto di significati che le erano estranei.
So bene che tutte le distorsioni venivano dalla mia mente, ma ancora per un attimo voglio fingere che davvero la galetière nascondesse un suo segreto e che da lei mi venisse insieme un piacere e un tormento.Piacere di osservare una figura come fosse viva e come fosse un’entità carica di significati e tormento di non saper capire tutti i messaggi solo a me dedicati.
Non si trattava di un’opera d’arte, un lavoro nel quale il genio di un artista avesse saputo imprigionare un lampo di vita in grado di comunicare bellezze indicibili. Era l’opera di un grafico che aveva impiegato il suo mestiere e forse la sua genialità per dare un messaggio molto semplice, un invito a gustare qualcosa di dolce.
Da cinque o sei anni passo davanti alla Galetière Normande. L’anno passato ho deciso di fotografarla da angolazioni diverse.
Ho temuto il momento di guardare la stampa di queste foto. Ho temuto che la carta mi restituisse un’immagine alterata del soggetto.Ho immaginato che allo sviluppo la donna si sarebbe trasformata e decomposta. Ho avuto paura. La galetière mi trapassava invece dalle foto con il suo sguardo insostenibile.
Sono tornato a vederla anche ieri , la mia galetière.
La sua malia è talmente abbacinante che ho cominciato a immaginarla piu’ forte di me e del mio pensiero.
Piano piano, nonostante la giornata di sole, nonostante il mare liscio e sereno, nonostante la bellezza di tutto quanto mi circondava, sono scivolato come dentro a un incubo.
Mi sono lentamente mancati gli appigli. Anche le cose concrete mi sono sembrate sempre piu’ irreali.
La galetière non era piu’ una figura misteriosa da temere, qualcosa che mi inquietasse per il mistero dei suoi occhi che il pittore doveva aver ricavato da qualche testo alchemico, non era piu’ la galetière il personaggio che mi portava dentro una magia. L’avevo finalmente capito, io ero solo il soggetto di un sogno. La galetière mi sognava, sognava la mia vita e il mio esistere come io lo stavo vivendo.
Forse il sogno di lei sta continuando e io mi sono perso in lui.
Ecco qua l’antefatto e la spiegazione anche della mia poesia. Dicevo pero’ che era un pretesto. Certo, un pretesto.
Mi voglio spiegare come una cosa di questo genere, il pensiero di qualche ora possa diventare un argomento letterario.
Nelle mani di chi sa scrivere, anche le poche considerazioni, debitamente elaborate potrebbero diventare una buona pagina di diario o anche un bel racconto. Se mi fossi impegnato piu’ a fondo, sarebbe potuto accadere anche questo. Invece è andata diversamente, perchè ho deciso di far diventare l’argomento, un testo poetico.
Ho pensato e credo giustamente che già il titolo e il soggetto, una galetière, per la sua stravaganza ed esoticità potesse essere già un buon spunto letterario.
Voglio riportare le operazioni anche fisiche del mio operare per passare dall’argomento di cui ho detto al risultato, diciamo, poetico.
Ho cominciato col condensare la storia in una paginetta breve. Ho tolto le annotazioni di luogo, ho reso sintetico il tutto, tanto nel mio racconto fatti specifici non esistono, esistono solo emozioni.
Ho ristretto anche la paginetta a poche frasi. Tolti i luoghi, le note sul personaggio e tutto il resto, non si poteva piu’ capire se si parlasse di realtà o di sogno e il risultato è stato una breve oscura prosa.
Ho cercato col poco talento di cui dispongo di dare alle poche frasi una certa cantabilità e ho ottenuto quello che ho chiamato la poesia della Galetière Normande.
Confesso una mia debolezza; ho pensato che sarebbe piaciuta ad alcuni amici per i motivi per i quali normalmente ci piacciono le poesie.
Primo: un ridotto ermetismo derivante dall’oscurità’ del titolo. Anche se un poco di mistero generalmente non guasta.
Secondo: La musicalità. Le parole e le metafore parevano abbastanza gradevoli.
Terzo: Il contenuto piuttosto leggero e facilmente condivisibile.
L’allusione a qualcosa di incomprensibile e misterioso gratifica quasi tutti.
Piace anche normalmente l’idea di essere riusciti a scrutare qualcosa tra l’inesprimibile e l’inespresso dell’anima dell’autore.
La norma fondamentale nel passaggio dal letterario al poetico sembrava rispettata nel testo proposto Tale norma è che il poetico deve avvalersi di metafore e deve rifuggire il troppo esplicito, come anche l’intenzionalmente ermetico.
Questo almeno potrei definire come mio metodo.
Mi rimane da dare una spiegazione che riguarda la poeticità o l’artisticità involontaria.
Credo, ed è una mia convinzione sia pure irrazionale che accanto a cose che possiamo costruire, elaborare, studiare perchè raggiungano una bellezza artistica, sempre difficile da definire,
esista, nel campo della creatività, l’opera non intenzionalmente bella o artistica, ma pur tuttavia perfetta.
Penso alla bellezza di parole e al loro potere evocativo fuori dal loro significato letterale, penso alla suggestione che possono creare in associazione con altre parole o in contesti non usuali.
Penso agli occhi azzurri della galetière, dipinti da un anonimo grafico e non da un grande pittore e penso al senso di questi occhi che sembrano leggere nel mistero della mia anima e sembrano suggerire l’eternità e l’immenso e l’essenza ultima delle cose e sembrano gli occhi di tutte le persone amate e perdute e sembrano gli occhi della morte e sembra che questi occhi ti incantino e ti trascinino dentro un sogno, dentro il nulla e siano gli occhi ipnotici di chi ti ha sedotto e ti ha rubato l’eternità e ora ti ha annientato lasciandoti credere che ti sta sognando.
La involontaria bellezza di un cartello pubblicitario può portare al delirio e all’estasi. Cosa che non sempre sa fare la bellezza canonica.
Accanto al discorso sul metodo poetico resta abbagliante l’altra realtà, quella della creazione poetica estemporanea, libera, leggera come è l’ispirazione.
Parlo di qualcosa che certo tutti conoscono.Parlo della poesia che sgorga senza che la si sia aspettata, che viene da una parola che chiama un’altra parola, quasi prima che si sia fatto intendere bene un pensiero.La poesia che si costruisce quasi da sola e lascia incantato anche il poeta.
Una poesia che avrà certo bisogno di lavoro successivo ma che nasce già come creatura lirica.
Ma qui dovrebbe iniziare tutto un altro discorso.
Rodolfo Vettorello