Anche in ufficio, il posizionamento è tutto. Trasformarsi in un marchio noto, affidabile e riconoscibile per fare carriera, cambiare lavoro, non perdere il posto. Ecco come si fa a emergere dalla massa
Una volta bastava essere bravi. Oggi bisogna trsformarsi in un brand. Come se il nome e il cognome di ognuno possa essere riconosciuto come un marchio di qualità, affidabile e robusto. Il segreto è creare attesa ed emozioni attorno a sé. Come? Esattamente con le stesse tecniche che i maghi della comunicazione usano per posizionare e vendere un prodotto. Si chiama personal branding e significa far vedere a tutti quanto si vale. Soprattutto nel lavoro.«Per essere competitivo, farsi conoscere o ricevere proposte d’affari, un manager deve imparare a comunicare i suoi punti di forza. L’obiettivo è diventare come un marchio prestigioso: sinonimo di riconoscibilità e notorietà». Parola di Klaus Davi, esperto di comunicazione, uno di quelli che ha messo in pratica ciò che insegna, e ci è riuscito. Ma da dove si comincia? Dall’abito o dal blog? No, si comincia chiedendo in giro. «La prima mossa da fare è una indagine fra colleghi e collaboratori per capire come veniamo percepiti», ci spiega Donatella Rampado, autrice del libro Selfbrand (Franco Angeli), «e magari scoprire che l’immagine che abbiamo di noi, o che vogliamo dare, non corrisponde a quella degli altri». A questo punto si parte con un lavoro a 360 gradi, dall’abbigliamento ai movimenti, dalla comunicazione on line ai biglietti da visita. Tutto concorre a creare l’immagine.«Una centralinista di una azienda farmaceutica, appena promossa all’ufficio marketing, continuava a essere vista come una del call center» è la storia vera che ci racconta Rampado «ha cambiato look, lavorato sul linguaggio e sugli atteggiamenti, ha cominciato a coltivare la sua rete di contatti, partecipando agli eventi clou del settore. Una volta costruita la sua credibilità, ha ottenuto una promozione».
Come farsi un “nome” on line
«Il personal branding è la ragione per cui un cliente, un datore di lavoro o un partner sceglie voi al posto di un altro», ci spiega Luigi Centenaro, di cui sta per uscire, per Hoepli, Personal branding online, scritto assieme a Tommaso Sorchiotti «ma non c’entra nulla con il ven dere meglio se stessi e dare un immagine falsa di sé. Prima di tutto perché vendere richiede troppo tempo e implica un alto tasso di fallimento. E poi sul web è facile perdere il controllo del vostro brand». Per cominciare a farsi una identità on line vale la regola di prima: ascoltare cosa si dice di voi. Per esempio chiedendo a Google di avvisarvi ogni volta che qualcuno vi tira in ballo (si chiama Google Alert). Poi si parte con la fase di networking. «Se avete poco tempo», consiglia Centenaro, «usate Twitter: è come avere un curriculum on line vivente e sempre aggiornato».
Una foto vale mille parole
Secondo passo: curare l’immagine che avete appena creato di voi sulla rete. Blog e Facebook, YouTube e Twitter sono ambienti ideali per promuovere se stessi e le proprie attività. In più ci rendono facilmente raggiungibili. «È importante sviluppare una fitta rete di contatti sul web» continua Klaus Davi «ma bisogna partecipare in maniera attiva, portando valore attraverso contenuti di valore e instaurando un dialogo costruttivo, altrimenti non si è credibili». E sulla credibilità ci si gioca tutto.A cosa bisogna fare attenzione? A tutto, dal nome del proprio blog fino alla foto che del profilo di Linkedin. «Si, anche quella immagine grande come un francobollo parla di noi, e se davvero ci tentiamo è importante dare subito una bella impressione» dice Seth Godin, uno dei pensatori più autorevoli nel campo del web marketing. «Fatevi scattare la foto da un professionista, su uno sfondo neutrale (niente alberi per favore), da soli e senza gatti o amici intorno. Viso scoperto, niente cappello e occhiali. E niente ritocchi con Photoshop. Ma soprattutto cercate di comunicare entusiasmo e apertura, non atteggiatevi a fotomodelli».
A caccia su Facebook
Che figura ci fa un direttore d’azienda che non possa avere un avatar in rete con il suo nome, perché è già stato preso? Capita. Il Mario Rossi che arriva tardi su Twitter dovrà scegliersi come nickname qualcosa come M_Rossi65. E non va bene. «Ma non tutto è perduto: si può sempre comprare (o vendere) un nome su tweexchange.com» consiglia il 24enne Pete Cashmore sul suo blog Mashable.com, nella top 10 dei più letti al mondo. E aggiunge: avere un profilo dettagliato e corretto sui social network è fondamentale, perchè sempre più spesso gli headhunter usano Facebook o LinkedIn per trovare informazioni sui candidati. Quindi? Bisogna spendere tempo nel compilare tutti i campi, soprattutto quelli sul lavoro e sull’istruzione, facendo molta attenzione ad inserire parole chiave che possano interessare ai cacciatori di teste.
Per sconfiggere la crisi
Con i tempi che corrono, per molti la priorità non è certo avere una promozione, ma restare al proprio posto. Una strategia di personal brand può aiutare? Ne è convinto Dan Schawbel, esperto di social media alla Emc Corporation e autore del best seller Me 2.0: Build a Powerful Brand to Achieve Career Success (Kaplan).Regola numero uno, cercate di diventare un bene prezioso per i vostri colleghi. «I primi a venire licenziati sono quelli non necessari, ma se in ufficio non possono fare a meno della vostra competenza, non correte rischi. E poi usate un blog per posizionarvi in qualità di esperto del vostro campo. Come? Producete contenuto, non limitatevi alle chiacchiere on line. Scrivete molto, fate un podcast o un e-book sugli argomenti che vi appassionano, da scaricare gratis. La gente comincerà a notarvi e verrà attratta dal vostro nome».
Avatar ma non solo
Nella costruzione del proprio brand, l’identità on line è importante. Ma non basta. Bisogna lavorare a tutto tondo. Anche facendo corsi di dizione, se la voce è un nostro punto debole. «Nella ricerca del brand giusto, effettuiamo almeno due incontri conoscitivi. Consigliamo al manager troppo rigido un corso di ballo, oppure aiutiamo chi ha bisogno di irrobustire il carattere mettendolo alla prova nelle arti marziali» continua Rampado. Perchè il segreto sta nel delineare il proprio brand prima che lo facciano gli altri e nell’essere coerenti con l’immagine che si vuole dare. Aspetto e dress code aiutano, certo, perchè in fondo viviamo in una società dell’immagine. «Ma per emergere davvero». sintetizza Klaus Davi. «puntate sulle vostre caratteristiche interiori e intangibili, quelle che da sole fanno la differenza».
Da Cosmopolitan 2008