IL SECONDO WELFARE:
BENESSERE E CAPITALE UMANO PER UNA VISIONE DI INSIEME
Homo sum: mihi nihil humani alienum puto
(Terenzio) – «Sono un essere umano, niente di ciò che è umano lo ritengo a me estraneo» in parole povere «Nulla che sia umano mi è estraneo».
Per parlare di Secondo Welfare è necessario parlare di “benessere” e “capitale umano”. Sì, perché questi sono intrinsecamente legati all’ideologia che sta alla base del welfare state. Secondo il dizionario Treccani Lo Stato sociale (o Stato del benessere, welfare state), è un insieme di politiche pubbliche con cui lo Stato fornisce ai propri cittadini, o a gruppi di essi, protezione contro rischi e bisogni prestabiliti, in forma di assistenza, assicurazione o sicurezza sociale, prevedendo specifici diritti sociali nonché specifici doveri di contribuzione .
Ecco cosa si intende per capitale umano:
Il capitale umano è quell’insieme di conoscenze accumulate, abilità acquisite , competenze maturate e prospettive future peculiari di una persona.
Va da sé che ogni individuo, all’interno di un contesto sociale e aziendale, rappresenta così una miniera quasi totalmente unica, poiché, ognuno di noi avrà abilità, competenze e conoscenze diverse da quelle degli altri. Complice di questo è anche il fattore “curiosità”: un uomo o una donna, se stimolati correttamente e se inclini alla conoscenza, si formano e studiano costantemente per acquisire sempre nozioni nuove da mettere in pratica.
Fu Adam Smith , ad introdurre il concetto di capitale umano come lo intendiamo oggi e come risorsa per il business delle imprese: nel 1776 propose, infatti, l’analogia tra l’investimento in macchinari produttivi (capitale fisico) e l’investimento formativo (sulle persone).
Dunque, se il capitale umano è considerato uno strumento per accrescere la produzione e lo sviluppo dell’impresa, sarà compito diretto dell’imprenditore organizzare al meglio questo capitale e farlo rendere, accrescendone costantemente i livelli di conoscenza, abilità e competenze. Ecco che, in quest’ottica, tutto rientra nel concetto più ampio di welfare, all’interno del quale – estremamente connesso ad esso – trova spazio anche il concetto di “benessere”.
Ma cosa si intende per benessere?
Quando si parla di secondo welfare, in particolar modo, emergono delle sostanziali differenze legate al primo che appaiono in netta correlazione con il concetto di benessere degli individui. Per raggiungere il benessere è necessario che tutti gli aspetti della vita siano in armonia e siano soddisfacenti.
E il secondo welfare ha proprio a che fare con le condizioni di vita degli individui: esse migliorano nettamente quando si parla, oltre che di diritti civili e politici, di specifiche risorse e opportunità (ad esempio le prestazioni monetarie, l’accesso a servizi e prestazioni etc). Cucito appositamente su profili di specifiche persone, categorie e soprattutto comunità, il secondo welfare sembra svilupparsi su una base regolativa definita a livello locale, ma al tempo stesso ancorata sia al quadro normativo nazionale sia a quello comunitario. Gli enti locali ora collaborano a stretto contatto con i privati che si configurano come nuove risorse volte a sviluppare ricerca e innovazione. Ecco che diventa quanto mai imprescindibile, nonché naturale, l’impegno reale e concreto di ogni singola azienda: il contributo delle imprese, unite al sistema pubblico, può davvero fare la differenza.
L’azienda che attiva reali politiche di welfare si troverà in breve tempo a raggiungere un triplice successo: quello etico, quello aziendale e quello sociale.
Per approfondimenti si rimanda ai seguenti portali: